Sintesi:
- Il fast fashion implica una produzione veloce e massiva di capi venduti a prezzi bassi o medio bassi e in genere è ritenuto in antitesi rispetto alla sostenibilità;
- Molte azioni potrebbero essere intraprese per rendere il fast fashion più sostenibile;
- La tecnologia può essere un’ottima alleata nel ridurre gli sprechi nel fast fashion, prova gratuitamente Audaces360 e scopri come!
Il fast fashion si è affermato sul mercato come l’approccio più utilizzato da alcuni tra i brand più popolari del momento. In generale implica una produzione massiva di capi di abbigliamento, che vengono venduti a prezzi bassi o medio-bassi.
I capi che rientrano in questa categoria passano direttamente dalle passerelle alla produzione in modo rapido e economico, con la possibilità di produrre nell’arco di poche settimane o addirittura giorni, grazie alla presenza di catene di fornitura vastissime e dislocate in decine di Paesi del mondo impossibili da tracciare.
Solitamente il fast fashion è associato a un enorme impatto ambientale. La scelta dei tessuti, così come le tecniche di produzione e le sostanze chimiche impiegate, producono dei danni importanti agli ecosistemi, inquinando fiumi e terreni vicini alle fabbriche, oltre a produrre capi che possono essere dannosi al contatto con la pelle.
Ma è sempre così? È possibile associare il fast fashion alla sostenibilità?
Sumário
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Fast fashion e sostenibilità: uno esclude l’altra?
Sebbene in genere fast fashion e sostenibilità siano ritenuti due concetti agli antipodi, in questo articolo vorremmo cercare di approfondire il tema portando uno sguardo nuovo e aprendo delle possibilità.
Essendo il fast fashion molto più veloce rispetto alla vita utile di un capo, i consumatori sono portati a buttare enormi quantità di vestiti per lasciare spazio a quelli “di tendenza”.
Come riportato nel documentario “The True Cost”, oggi compriamo più di 80 miliardi di capi di abbigliamento all’anno, il 400% in più della quantità che acquistavamo 20 anni fa.
Il cambiamento passa sicuramente anche attraverso cambiamenti nella domanda e nelle abitudini di acquisto dei consumatori.
Tuttavia, vista la diffusione e la popolarità di questo sistema produttivo, che ha avuto il pregio di rendere la moda accessibile e popolare per una fascia di pubblico un tempo esclusa, è importante capire come questo settore può migliorare la sua azione nel rispetto dell’ambiente.
Un gruppo di ricerca della Desautels Faculty of Management ha dimostrato che anche il fast fashion può guardare a percorsi di sostenibilità.
I motivi sono molti, sia di ordine etico e di responsabilità sociale, sia con riferimento alla convenienza economica. La diffusione dei fattori ESG, ad esempio, ha reso conveniente anche dal punto di vista finanziario rivedere il proprio modello di business in chiave sostenibile.
Scopri di più: Sostenibilità nel mondo della moda: cosa è e perché è importante parlarne
In quali modi le aziende di fast fashion possono diventare più sostenibili?
Come abbiamo visto in precedenza, è molto difficile associare la moda, in particolare il fast fashion, alla sostenibilità.
A dimostrazione di ciò potremmo riprendere le parole di Michele Ricchetti, economista e fondatore del Sustainability Lab: “il settore fashion consuma molte risorse naturali e genera rifiuti, mentre la sostenibilità punta alla conservazione delle risorse e allo zero waste”.
Diversi studi hanno mostrato le esternalità negative del modello fast fashion. Le principali, con riferimento all’ambiente, sono:
- Tessuti scelti basandosi sul criterio del costo e non tenendo in considerazione l’eventuale danno ambientale nel produrli;
- Utilizzo di sostanze chimiche aggressive nella tintura e nella produzione;
- Utilizzo di pesticidi che avvelenano fiumi e terreni vicino alle fabbriche;
- Enorme utilizzo di acqua (1.500 miliardi di litri all’anno);
- Applicazione di coloranti tossici o sostanze aggressive per colorare o sbiancare i tessuti;
- Rilascio di microplastiche negli oceani nella fase di lavaggio delle fibre sintetiche;
- Inquinamento nel processo di smaltimento dei vestiti o dei rifiuti tessili (92 milioni di tonnellate ogni anno).
Tuttavia, vogliamo suggerire alcune piste di azione che potrebbero contribuire a rendere il fast fashion più sostenibile, intervenendo in tutte le fasi della filiera.
Scopri di più: Tecnologia e sostenibilità nella moda: un webinar Audaces
Creazione di prodotti più durevoli
I beni di consumo possono essere suddivisi in due categorie: quelli che durano e vengono usati per molto tempo, come un cappotto o una televisione, e quelli che sono consumati in tempi molto brevi, come le gomme da masticare o le sigarette.
Nel fast fashion si tende a far corrispondere le “cose che si usano” con le “cose che si consumano” paragonando quindi, in termini di vita utile, una maglietta con una gomma da masticare.
Rispetto a vent’anni fa la durata media della vita di un capo di abbigliamento si è almeno dimezzata, e di conseguenza la quantità di vestiti comprati dai consumatori è di almeno due volte superiore a quella dell’anno 2000.
Questo dipende sia dalla tendenza ad acquistare di più e usare di meno, stimolata anche dalle strategie di marketing delle aziende di fast fashion, sia dalla scarsa qualità dei capi.
Una prima sfida per rendere il fast fashion più sostenibile è quella di investire nella creazione di prodotti più durevoli, migliorando la scelta dei tessuti, così come la costruzione del capo.
In questo senso sarà importante per le aziende investire nella qualità dei processi lavorativi e nella loro giusta retribuzione, per ottenere cuciture e finiture di qualità, che necessitano di tempo e attenzione.
Inoltre, sarebbe necessario rallentare i processi della moda, riducendo la quantità di nuovi capi e puntando su tendenze più durature e capi evergreen, che possono essere riutilizzati nel tempo senza passare di moda.
Scopri di più: Come creare e produrre in modo sostenibile nell’era dell’eco fashion
Utilizzo di materiali biodegradabili
Per rendere il fast fashion più sostenibile è fondamentale lavorare anche sulla scelta dei tessuti.
Ad oggi il tessuto più utilizzato nel fast fashion è il poliestere, che proviene dal petrolio ed è il principale responsabile delle microplastiche presenti nei nostri mari. Non è biodegradabile ed è poco traspirante, nocivo per la salute dell’uomo e anche per quella dell’ambiente.
Potrebbe stupirti, ma il secondo tessuto responsabile dell’inquinamento del settore fast fashion è il cotone. Di per sé non sarebbe un tessuto inquinante, essendo biodegradabile e traspirante.
Tuttavia, la sua coltivazione e raccolta sono spesso non sostenibili, intensive, ricche di pesticidi e dannose per il terreno.
Considerando soltanto le produzioni di cotone di Stati Uniti, Cina e India, è dimostrato che queste provocano emissioni di anidride carbonica pari a 1,8 tonnellate per ogni tonnellata di cotone prodotto.
Il fast fashion per essere più sostenibile dovrebbe investire in tessuti e materiali biodegradabili, come ad esempio:
- Ortica, da cui si ricavano eccellenti fibre tessili come il Ramper o la Fibra di Allo, morbidissime, resistenti e traspiranti;
- Orange Fiber, ottenuta dal residuo umido che resta alla fine della produzione del succo di agrumi, utilizzata anche da Salvatore Ferragamo per una collezione;
- Jusi, ricavato dagli steli a cui sono attaccati i caschi di banane e usato per il confezionamento dei kimoni giapponesi;
- QMilk, un tessuto ottenuto a partire dalla caseina, che richiede pochissimo utilizzo di acqua e non produce scarti di produzione.
Accanto a queste fibre un ruolo primario potrebbe essere ancora ricoperto dal cotone, a patto che sia ottenuto da coltivazioni biologiche.
Smaltimento corretto e ecologico
Uno dei principali problemi dei fast fashion è l’enorme produzione di rifiuti. Come suggerisce il termine stesso, la moda “fast” è stata pensata proprio per avere vita breve.
Una sorta di “usa e getta” degli indumenti, che passano di moda nel giro di brevissimo tempo e, sempre in tempi rapidissimi, vengono sostituiti da altri.
I rifiuti del fast fashion sono di due tipi. I primi derivano dalla merce invenduta, che generalmente viene bruciata rilasciando fumi nocivi.
I secondi riguardano la merce cosiddetta indesiderata: quando un capo stanca, si rovina e si rompe, in genere si tende a buttarlo, anche perché la riparazione spesso tenderebbe a costare più del valore del capo.
Si stima che all’anno siano 70 milioni le tonnellate di vestiti buttati e il 48% di questi siano ancora perfettamente in grado di svolgere la loro funzione primaria.
Nel caso di vestiti prodotti in poliestere o fibre miste, risulta davvero complesso riciclarle.
Sicuramente un corretto smaltimento è un’azione necessaria, anche se non sufficiente a risolvere il problema della sostenibilità.
Per smaltire correttamente i rifiuti tessili, nel 2022 in Italia è scattato l’obbligo della raccolta dei rifiuti tessili, anticipando la scadenza europea del 2025. Tuttavia, è molto più difficile controllare il corretto smaltimento dei vestiti in altre parti del mondo.
Potrebbe essere interessante dare una nuova vita ai capi, ad esempio approfittando di mercatini o app che consentono di dare una seconda chance agli abiti usati, o donandoli alla Caritas o ad altri enti che si occupano di persone bisognose.
Scopri di più: Scopri come smaltire correttamente i rifiuti tessili dei tuoi vestiti
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La tecnologia può aiutare la tua azienda a raggiungere una maggiore sostenibilità, grazie a soluzioni innovative in grado di organizzare la produzione e di ottimizzare l’utilizzo di tessuto e di altre risorse, riducendo al massimo gli sprechi.
Tutte le tecnologie Audaces sono pensate per rispondere alle sfide del settore fashion, con un’attenzione all’ambiente e al mondo nostro e di chi verrà.
Audaces360
Audaces360 è una tecnologia sviluppata per integrare tutti i processi della catena del valore della moda, dalla pianificazione della collezione al taglio, utilizzando strumenti progettati per ridurre i costi e velocizzare i processi.
Con la piattaforma è possibile ridurre gli sprechi in fase di progettazione del capo, ad esempio sviluppando i modelli direttamente al computer con Audaces Fashion Studio e cucendoli e simulandoli con il massimo realismo in Audaces 3D.
Un altro strumento fondamentale nella riduzione degli sprechi di tessuto presente all’interno della piattaforma Audaces360 è Audaces Marker, che consente di effettuare i piazzamenti in automatico risparmiando fino al 13% di tessuto rispetto al piazzamento manuale.
La possibilità di gestire l’intero processo di creazione e produzione in tempo reale anche a distanza con Audaces Isa e di integrare la scheda tecnica e il calcolo automatico dei precosti con Audaces Idea, poi, portano al massimo l’efficienza riducendo errori e rilavorazioni.
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Conclusioni
Ridurre l’impatto sull’ambiente è un passaggio fondamentale e decisivo che l’industria della moda è chiamata a compiere il prima possibile.
Se da un lato questo cambiamento deve coinvolgere le scelte dei consumatori nella riduzione dell’overconsumption di abbigliamento e nella domanda di capi durevoli e di qualità, dall’altro le aziende di fast fashion devono impegnarsi a rivedere i propri processi produttivi.
Sicuramente molto può essere fatto, ad esempio prestando maggiore attenzione nella scelta di tessuti di qualità, nella creazione di capi durevoli e di qualità e nello smaltimento efficace dei rifiuti.
Anche la tecnologia può essere un’ottima alleata nella riduzione degli sprechi e nel miglioramento delle aziende del fast fashion.
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FAQ
Per fast fashion si intende la produzione massiva di capi di abbigliamento, che vengono venduti a prezzi bassi o medio-bassi.
Sebbene siano spesso ritenuti due opposti, sicuramente il fast fashion può contribuire a rendere più sostenibili i suoi processi.
Optando per tessuti biodegradabili, creando capi più durevoli, prestando attenzione al corretto smaltimento dei rifiuti, utilizzando tecnologie sviluppate appositamente.