Ci sono donne memorabili che fanno parte della storia della moda grazie alle loro grandi invenzioni, ispirazioni e modi di percepire il mondo. Icone come Coco Chanel, tra le più celebri per le sue creazioni, sono state di estrema importanza per la loro capacità lettura e rilettura di temi importanti per la società della loro epoca. Le donne nella moda, che siano nel design, sulle passerelle o nella fotografia, sono sempre state molto più che semplici professioniste: sono donne ciascuna con la propria storia e le proprie preoccupazioni, che attraverso l’arte hanno cercato di cambiare il mondo e di distruggere dei tabù. Oggi parleremo di alcune delle tante donne che hanno influenzato e cambiato per sempre il nostro modo di consumare e vivere la moda, e di altre donne che stanno continuando questa rivoluzione. Buona lettura!

Mary Quant, colei che ha inventato la minigonna
È impossibile parlare di Mary Quant senza al contempo parlare di femminismo e della rivoluzione causata dalla minigonna, un capo tanto piccolo ma che ha provocato tante proteste sia per vietarlo, sia per il diritto di indossarlo. Mary Quant è una stilista inglese diventata icona della subcultura Mod e giovanile negli anni ‘60. La moda di Mary Quant era pensata per essere “divertente come un gioco” e per dare la sensazione di libertà, sia per i molti centimetri di gambe scoperti sia per il bisogno di movimento richiesto dalla vita moderna.
Gli anni 1960 e 1970 sono stati segnati dal proliferare di movimenti e cause sociali come il femminismo. Alimentato dal lancio e dalla diffusione della pillola anticoncezionale e dalle rivendicazioni di libertà sessuali e della sensualità femminile, questo periodo è stato segnato da grandi conquiste per le giovani donne che cercavano di prendere le distanze dal tradizionale ruolo di moglie e casalinga del periodo post-bellico. Se la moda è davvero una forte espressione del contesto storico di una società, sarebbe strano pensare che queste rivoluzioni non abbiano accompagnato anche la moda, no?
È stato proprio osservando e facendo parte di una generazione caratterizzata da conformismo e forti regole sociali che limitavano il ruolo della donna al matrimonio e alla casa che la giovane Mary Quant ha deciso di creare un piccolo capo di abbigliamento capace di provocare un grande scalpore nella società londinese dell’epoca.

La minigonna come simbolo femminista
La moda femminile ha subito diversi cambiamenti nel corso del XX secolo. La donna ha cominciato ad inserirsi in ambienti diversi dalla casa dei genitori e dei mariti e di paripasso gli abiti dovano essere più semplici, pratici e comodi.
Gli anni ‘60 sono stati caratterizzati dalla controcultura, dall’emancipazione femminile e dalla riflessione su tematiche sociali. Le giovani donne cercavano di distinguersi dalle precedenti generazioni, evitando gonne lunghe e tutto ciò che potesse richiamare i valori tradizionali dei loro genitori e nonni. Per questo tagliavano gli abiti e accorciavano la lunghezza delle gonne, lasciando le gambe libere per ballare o muoversi con la stessa libertà che desideravano per se stesse. Mary Quant è stata colei che ha ufficializzato e reso eterna questa tendenza, offrendo un nuovo prodotto fatto apposta per queste donne: la minigonna.
Ma la minigonna era molto più di una semplice tendenza di moda per le giovani londinesi e, in seguito, di tutto il mondo. La minigonna e gli hot pants, pantaloncini cortissimi anch’essi lanciati da Mary Quant, rappresentavano libertà, indipendenza e potere di scelta sul proprio corpo e sulla propria volontà. Questo capo è stato addirittura vietato in alcuni Paesi come i Paesi Bassi, ma le donne non si sono date per vinte e hanno protestato per il loro diritto di utilizzarlo. Così la minigonna di Mary Quant è diventata un simbolo di femminismo e ha influenzato tutta la moda nei decenni a venire.

Zuzu Angel e la moda di protesta
Quando la giovane ragazzina Zuleika de Souza Netto giocava con i pezzi di tessuto avanzati dai lavori di cucito della madre, non avrebbe mai immaginato che stava iniziando a costruire le fondamenta del suo percorso nel mondo nella moda e nemmeno che un giorno avrebbe utilizzato questo dono come modo per esprimere il suo dolore e la sua rabbia. Tra i nomi più importanti della moda brasiliana, Zuzu Angel è nota non solo per le sue creazioni ma anche per la sua storia di vita e di lotta durante la dittatura militare in Brasile.
Da sarta a stilista
La sua carriera è iniziata come sarta nel 1939 e solo negli anni ‘50 ha iniziato a disegnare e cucire i suoi modelli. Nel bel mezzo del suo lavoro nel mondo della moda si è sposata con l’americano Norman Angel Jones e assieme hanno avuto tre figli: Stuart, Hildegard e Ana Cristina. Anche dopo la separazione con il marito, la stilista ha mantenuto il suo cognome da sposata come nome artistico, diventando eterna con il nome di Zuzu Angel.

Grazie al fatto di aver vissuto in vari stati brasiliani come Minas Gerais, Bahia e Rio de Janeiro, dove si è stabilita e ha fondato il suo primo negozio negli anni ‘70, Zuzu traeva ispirazione dai vari simboli regionali che oggi costituiscono un’immagine palpabile di ciò che costituisce la cosiddetta “moda brasiliana”. Temi popolari e tropicali, fiori colorati, animali, pietre brasiliane, conchiglie, seta, pizzo, sono solo alcuni degli elementi utilizzati da Zuzu Angel che ne hanno consacrato lo stile, pieno di allegria e ricchezze nazionali.

Sfilate-protesta e la lotta di Zuzu Angel
Nel 1971 Stuart Angel Jones, il suo figlio maggiore, studente e membro di varie organizzazioni di lotta contro la dittatura, è stato torturato e ucciso dal regime. Da questo momento Zuzu Angel ha iniziato a lottare per recuperare il corpo di suo figlio, trattenuto dai militari. Le sue creazioni di moda sono così diventate anche una forma di protesta e denuncia e hanno iniziato a presentare delle stampe di sangue, simboli bellici e gabbie, per rappresentare la realtà dei perseguitati e delle vittime della dittatura.
Purtroppo anche la vita di Zuzu Angel ha avuto una fine ugualmente tragica. È morta nel 1976, anch’essa vittima della dittatura militare, come dimostrato dalla Commissione Nazionale della Verità nel 2014. Oltre ad essere rimasta un grande nome della moda nazionale e internazionale, Zuzu grazie alle sue creazioni e sfilate ha lasciato vivo il suo messaggio di resistenza e di giustizia. Il suo nome è spesso ricordato per le sue azioni e legato all’espressione “moda di protesta”.

Naomi Campbell, una delle top model più influenti negli ultimi cinquant’anni
Tra le maggiori icone di moda e bellezza, la modella inglese di origini giamaicane Naomi Campbell è stata la prima donna nera a posare per la copertina dell’edizione inglese della rivista Vogue. Naomi ha iniziato la sua carriera all’età di 15 anni e presto ha guadagnato grande successo come modella uscendo sulla copertina della rivista britannica Elle. Da questo debutto è apparsa sulla rivista Times e in varie edizioni di Vogue. Noonostante non fosse la prima volta che una donna posava sulla copertina della famosa rivista francese, il successo di Naomi ha aperto la strada ad altre donne nere ed ha rappresentato l’inizio di molti cambiamenti nel mondo della moda e non solo.
Naomi Campbell è uno dei nomi più importanti nel mondo della moda e ha fatto parte del gruppo di supermodelle denominato “Big Six” accanto a Linda Evangelista, Cindy Crawford, Kate Moss, Claudia Schiffer e Christy Turlington. Queste sei sono state le sei supermodelle più influenti degli anni ‘90 e sono state le protagoniste assolute di passerelle, copertine di riviste e grandi campagne. Naomi è attiva ancora oggi e continua a portare avanti una carriera di grande importanza.

Attivismo e impegno umanitario
Nel corso della sua carriera, Naomi Campbell ha utilizzato il prestigio del suo ruolo e il potere della sua voce contro il razzismo, mettendo in luce tutti i pregiudizi presenti all’interno dell’industria della moda e il fatto che le modelle nere, oltre ad avere meno opportunità, gudagnassero anche molto meno rispetto a quelle bianche. La sua sensibilità verso cause umanitarie è notevole: essendo molto vicina a Nelson Mandela, ex presidente del Sud Africa, ha iniziato a lavorare a sostegno delle popolazioni africane e, su suo consiglio, ha utilizzato la sua influenza per prestare attenzione verso e attuare progetti sociali. Nel 2005 ha fondato Fashion for Relief, a sostegno dei malati di Ebola e delle vittime di disastri naturali come il terremoto di Haiti o il terremoto seguito da uno tsunami in Giappone, oltre ad aver accolto vittime dei conflitti in Siria e promosso diverse campagne relative alla pandemia di Covid-19.
Donne che stanno costruendo un nuovo futuro per la moda
Le grandi donne che hanno segnato la storia della moda non hanno cambiato soltanto il nostro modo di vestirci ma anche il nostro modo di percepire il mondo, dando visibilità a questioni che un tempo erano considerate dei tabù dalla società. E la forza femminile nella moda sta aprendo nuovi paradigmi, proseguendo il lavoro e il desiderio di cambiamento delle donne che le hanno precedute. Dai un’occhiata ad alcune di queste donne ispiratrici:

Khoudia Diop, la “dea della melanina”
Il nome “dea della melanina” sul suo profilo Instagram non è certo un caso. La modella senegalese Khoudia Diop è conosciuta, principalmente su internet, per la sua tonalità di pelle molto scura: una cosa comune nel suo Paese d’origine ma che, a suo dire, è considerata molto rara per la maggior parte delle persone poiché raramente mostrata e valorizzata nel mondo della moda. Ha iniziato la sua carriera nel mondo della moda a 15 anni e ha sofferto molto per essere vittima di bullismo e razzismo, violenze che purtroppo sembrano intensificarsi quanto più il colore della pelle è scuro. Facendo i conti con i pregiudizi, la modella ha imparato ad amarsi e ad usare la sua visibilità per combattere il razzismo e lottare affinché sempre più donne nere ottengano uno spazio nel mondo della moda.

Winnie Harlow e la sua voce contro i pregiudizi
“Dio mi ha creata originale, quindi non posso che esserne felice”. È una delle frasi che Winnie Harlow utilizza per descriversi a se stessa e per dimostrare l’orgoglio che prova nell’essere la persona che è. La modella canadese, figlia di un immigrato giamaicano, oggi è orgogliosa del suo aspetto influenzato molto dalla vitiligine, una malattia autoimmune caratterizzata dalla comparsa sulla pelle di chiazze non pigmentate. Essendo la prima modella conosciuta con questa malattia, Winnie è la portavoce di un movimento di autoaccettazione e contro lo stigma e i pregiudizi che le persone con vitiligine sono costrette ad affrontare ogni giorno. Come rivincita nei confronti dei pregiudizi di cui lei stessa ha sofferto tutta la vita, Winnie ha conquistato il mondo della moda da quando è stata scoperta nel reality show America’s Next Top Model. Da questo momento ha iniziato ad essere contattata per diversi lavori in riviste e griffe famose a livello mondiale.

Diversità nella moda con la fotografa Nadine Ijewere
Come donna di colore, Nadine Ijewere non si è mai identificata nelle fotografie di moda che mostravano sempre gli stessi standard di bellezza. Ed è stato proprio grazie al suo lavoro per rappresentare una maggiore varietà di profili che la fotografa giamaicano-nigeriana nata a Londra è diventata la prima donna nera a scattare per le copertine della rivista Vogue. Nadine ha raggiunto questo traguardo ad appena 26 anni e annovera già nel suo portfoglio lavori per grandi marchi come Stella McCartney, Gap e Nike. La fotografa sceglie personalmente i volti che andrà a fotografare, dando sempre la preferenza ad etnie sotto-rappresentate, celebrando la diversità e la rappresentatività.
*Nadine Ijewere ha fotografato Naomi Campbell per il numero Vogue Spagna di luglio 2020.

Stella McCartney e la moda attivista per gli animali e la sostenibilità
A proposito delle conseguenze delle azioni dell’uomo sulla natura, è impossibile non menzionare il tema della sostenibilità e della ricerca di modalità efficaci per mitigare gli effetti di secoli di incuria nei confronti dell’ambiente. La moda si colloca al centro di queste discussioni e il nome di Stella McCartney si distingue per la sua posizione e sensibilizzazione su questo tema. La stilista inglese nelle sue collezioni non utilizza prodotti di origine animale o materie prime che derivano dallo sfruttamento dell’ambiente ed è una delle maggiori esponenti nell’attivismo per i diritti degli animali e per una moda responsabile e consapevole.

Lo sguardo femminista di Maria Grazia Chiuri per Dior
La stilista italiana che nel 2016 ha ottenuto la direzione creativa di Dior ha favorito il passaggio da uno sguardo femminile del marchio verso uno sguardo femminista. Nella sua sfilata di debutto Maria Grazia Chiuri ha stampato delle magliette con la frase “Dovremmo tutte essere femministe” della scrittrice e attivista nigeriana Chimamanda Ngozie Adichie. Ha mescolato capi intesi come rappresentazioni di femminilità, come le gonne in tulle, con capi più pesanti, interpretati come maschili.
Di certo la stilista non si è limitata all’aspetto visivo della sfilata, poiché tutta la sua vita è legata al femminismo. Maria Grazia è solita infatti inserire nei suoi lavori i più svariati profili e voci di donne, intendendo la moda come una forma particolare di manifesto. Nel 2017 ha creato Women@Dior, un programma internazionale di mentoring e istruzione per giovani donne di tutto il mondo, finalizzato a sensibilizzare sui temi della leadership femminile e dell’uguaglianza di genere.
Queste sono solo alcune delle molte donne che hanno fatto e stanno facendo la storia e disegnando il futuro della moda. Secondo te, quali altre icone della moda dovrebbero far parte di questa lista? Lascia un commento qui sotto e continua a seguire i contenuti del Blog Audaces sul nostro profilo Instagram.